Le Cronache di Rinascita – parte seconda: casus belli (prima parte)

Proseguiamo con la lettura delle Cronache di Albrecht Volstätter. In questa seconda parte, ci addentriamo nelle ragioni che hanno portato due regni, in precedenza amici ed alleati, ad un’aperta ostilità. Quali possono essere le cause di un tale peggioramento nei loro rapporti? Leggete qui sotto per scoprirlo. Il nostro buon Albrecht, da consumato uomo di mondo, per rendere più “appetibili” le sue cronache cita alcuni estratti di un’opera molto conosciuta a Volstadt, che il più grande poeta che l’isola abbia mai visto, Ludwig von Ariosten, sta componendo proprio durante la guerra appena iniziata.

Delle cause della guerra tra Volstadt e Beauregard

Sulle ragioni alla base dell’ostilità tra i regni di Volstadt e Beauregard si finirà per scrivere interi trattati. Si farà probabilmente riferimento alle crescenti influenze esercitate dalle due città su aree sempre più grandi che, inevitabilmente, avrebbero condotto a rivalità sempre più accese a causa di interessi vieppiù confliggenti tra le due realtà egemoni di Rinascita.

A volte, però, singoli eventi, o una catena di eventi ben circostanziati, contengono una tal carica esplicativa da non poter essere minimizzati.

La storia all’origine delle sventure di quest’isola è una storia di amore e follia, due fenomeni dell’agire umano troppo profondi e, a volte, troppo interconnessi da poter essere ignorati.

Per iniziare il mio resoconto, prenderò a prestito la prima ottava del proemio dell’opera più struggente del mio carissimo amico Ludwig von Ariosten, uomo e poeta raffinatissimo che illustra con la sue nobile arte la corte di Volstadt. Il titolo di quest’opera è la “Ballata di Liutprando ed Eloisa“.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che contanti orrori
portaro i Breton, che a Volstadt nocquer tanto

seguendo l’ire e i giovenil furori
di Goffredo lor re, che si diè vanto
di vendicar l’affronto di Liutprando
sopra re Hans, al nostro comando

Dirò di Liutprando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima

Nell’anno 2214 C.I. le relazioni tra Beauregard e Volstadt erano forse al loro apogeo. Sebbene non esistesse un confine diretto tra i due regni, gli interscambi commerciali erano floridissimi, usufruendo della sicurezza offerta dai valichi montani governati dai nani di Forbrin-Dum.

Quella che ormai è, a tutti gli effetti una leggenda, racconta di un mercante, giunto alla corte di re Hans per offrirgli un quadro straordinario da aggiungere alla propria collezione. Il mercante in questione ha sempre mantenuto molta riservatezza in merito alle circostanze grazie alle quali era venuto in possesso di quell’opera d’arte. E non si trattava di un’opera d’arte qualsiasi. Come canta il nostro mirabile poeta:

Un giorno, un viaggiatore di remote lande,
alla città di Vol s’appresta e seco reca,
nascosta tra merci varie e nobili bevande,
un ritratto di mirabil dama impresso s’una teca.

Per mostrarla alla corte di Hans il grande,
Affinché la compri per la sua pinacoteca.
La dama ivi ritratta su Rinascita è famosa
Nata nella città di Beauregard la meravigliosa.

Di lei già parla dell’isola ogni favella,
Madama Eloisa dal più dolce sguardo,
Del re Goffredo il primo, degna sorella,
Di cui canta ogni trovator’ ed ogni bardo

Di tutto il reame la dama la più bella,
che campeggia fiera su di Beauregard lo stendardo.
Dolce e virtuosa oltre ogni misura,
Solo a guardarla ogni tristezza cura.

Il mercante si presentò quindi a corte per mostrare la sua mercanzia al nostro sovrano. Per motivi di sicurezza venne fermato da una giovane recluta della guardia di palazzo, il nobile Liutprando di Volheim, rinomato a Volstadt (soprattutto tra le giovani nobildonne) per il suo viso gentile e aggraziato, per i suoi occhi di un intenso azzurro e per la sua maturità ed intelligenza. Liutprando chiese al mercante di poter ispezionare l’oggetto che intendeva presentare al suo sovrano.

Il viaggiator, sicuro di trarne gran profitto,
S’appresta a presentare al gran sovrano
L’opera che ha acquisito con terribile delitto.
Quand’ecco, uno scudiero lo ferma con la mano

E gli chiede di mostrargli quel ch’è pitto
Per la sicurezza del re, su ordine del suo capitano.
A malincuor dal panno libera l’opera il viaggiatore
Mostrando d’Eloisa tutto il suo splendore.

Qual meraviglia dinnanzi agli occhi si presenta
Di quel giovane scudier che ancor non sa
Che in quel momento col suo destino si cimenta
E sofferenza e ruina ai due regni porterà.

La fiamma ch’oggi il suo cuor avvampa e fomenta
Nell’inganno e nella frode un di’ lo perderà.
Di ciò adesso non si cura il bel Liutprando
Il cui gentil animo sol d’amor va cantando.

Liutprando si innamorò a primo sguardo dell’immagine impressa sulla tela e, pur non conoscendo Eloisa, a lei dedicò ogni suo sforzo e impresa che lo condusse, nonostante la sua giovane età ad ascendere i ranghi della guardia di palazzo, fino ad essere nominato aiutante di campo del suo capitano.

L’anno successivo un evento inatteso sconvolse ulteriormente la vita di Liutprando. Da Beauregard giunse un invito affinché una delegazione di Volstadt si unisse alle celebrazioni per il matrimonio di re Goffredo I. Tutti sono concordi nell’affermare che Liutprando venne preso da una gioia e una frenesia mai viste prima in un giovane così misurato e razionale. Evidentemente, la possibilità di poter contemplare di persona il suo amato bene lo aveva posto in un’incontenibile agitazione. Giunse il momento della partenza per Bearegard e, come previsto, Liutprando prese parte alla delegazione inviata alle celebrazioni.

Nei primi giorni, fu difficilissimo per il nostro giovane avvicinarsi ai reali bretoniani e, purtroppo per lui, alla sorella del re, Eloisa. Ma un’occasione imperdibile non tardò a presentarsi.

Per i festeggiamenti, il re Goffredo aveva indetto un torneo e, vista la nutrita rappresentanza di Volstadt, lo estese ai suoi ospiti decretando che due squadre, una di Volstadt e una di Beauregard, sarebbero scese in lizza, l’una contro l’altra. Enorme fu la delusione di Liutprando nell’apprendere quale sarebbe stata la scelta dei cinque campioni di Volstadt che avrebbero sfilato di fronte al palco reale, sotto gli occhi di Eloisa: Gottfried, il suo capitano, sarebbe stato accompagnato da Karl, anch’egli della guardia di palazzo, da due cavalieri della fortezza del sole levante, Franz e Kurt, e da un cavaliere dell’ordine del ghepardo di nome Helmut. Forse temendo che una situazione del genere si sarebbe potuta presentare, Liutprando si era portato da Volstadt una misteriosa pozione che mescolò di nascosto al cordiale che il suo capitano era solito bere prima di coricarsi la sera prima della parata del torneo.

Liutprando assiste nella tenda il capitano
Che pria di coricarsi chiede il solito cordiale
Il giovane qualcos’altro versa con la mano
Poi nella sua tenda si ritira e s’appoggia a’no schienale

Ben sapendo che di lì a poco udrà da lontano
Gottfried chiamarlo con urgenza al capezzale
Contorto allo stomaco da dolore lancinante
Ma innocuo per fortuna, per niente fulminante.

Passata è la notte e Gottfried finalmente prende sonno
Ma partecipare al torneo certo non può
Chiede quindi a Liutprando dal suo scranno
Di prendere il suo posto nella lizza lì tra un po’

Perché cinque pur siano i cavalieri senz’affanno
Nella parata e nella giostra, questo io so.
Il giovin volentieri accetta e mal nasconde
La gioia che la novella nel cor gl’infonde.

La parata inizia e Liutprando contempla il palco reale e subito riconosce le meravigliose fattezze della sua amata. Per primi sfilano i cavalieri bretoniani ed egli li osserva con curiosità condurre con naturalezza i propri cavalli di fronte al palco reale, fieri e altezzosi nelle loro luccicanti armature. Il primo, tale Herault dalla torre rotta, dopo aver omaggiato il re e la sua consorte, sprona il suo destriero di fronte a una dama seduta lì vicino e le chiede un pegno del suo favore che gli dia forza ulteriore per vincere nella lizza. La dama accorda al cavaliere un capo di abbigliamento che sembra estrarre dal suo corpetto. Il pubblico esplode in grida di approvazione, ma anche in risa che mettono in imbarazzo la dama. Il cavaliere, da parte sua, dopo aver ricevuto il pegno e averlo baciato, lo annoda alla sua lancia.

Mentre i tre cavalieri successivi si limitano ad omaggiare il re, l’ultimo, Thibaut di Fontainais, salutati i sovrani, ferma il proprio cavallo di fronte ad Eloisa e ripete lo stesso rituale. Liutprando è sconvolto a vedere che la sua dama sia corteggiata da un altro cavaliere. Eloisa, con estrema modestia, offre al cavaliere un suo fazzoletto. Thibaut, con gesti quasi eccessivi, riceve quel pegno e lo porta al cuore, mentre la folla presente esplode in un assordante boato di approvazione.

Liutprando si sente travolgere dalla gelosia, ma tutto è presto dimenticato quando è il turno dei cavalieri di Volstadt di sfilare di fronte ai reali bretoniani. Presentatisi di fronte a Goffredo, all’unisono, tutti e cinque sollevano i cimieri e abbassano le lance in segno di rispetto. Il re risponde con un aggraziato cenno della testa. A quel punto, però, Liutprando si distacca dal resto della squadra quel tanto che basta per trovarsi di fronte al seggio di Eloisa. La sua bellezza va oltre ogni descrizione ed il giovane si rende conto di quanto sbiadita sia l’immagine che di lei rimanda il ritratto che ha così a lungo contemplato. Liutprando sfila l’elmo e imprime i suoi occhi azzurri e profondi in quelli verdi giada della principessa. Con un gesto della mano e il suo gentil sorriso chiede ad Eloisa un segno del suo favore, abbassando la lancia verso il palco per permetterle di annodarlo su di essa. E negli occhi di lei vede qualcosa che mai avrebbe osato sperare. Forse imbarazzo, forse modestia, forse pudore, ma soprattutto una scintilla di folgorante amore. Lentamente, Eloisa sfila il velo del suo copricapo e lo cinge alla lancia di Liutprando. Ne segue un silenzio profondamente imbarazzato da parte della folla, mentre Goffredo guarda con biasimo la sorella che, però, non ha occhi che per Liutprando.

(continua)

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