Stiamo per entrare nel vivo della campagna.
Una delle cose per me più divertenti e maggiormente coinvolgenti del wargame fantasy è la possibilità di raccontare nuove storie epiche. Nel caso di una campagna queste storie sono persino più epiche di quelle che possiamo vivere nel caso di battaglie campali o di campagne ad albero! E allora, scriverne le cronache diventa ancor più stimolante, perché in questo modo resta una traccia che va oltre il gioco e permette ai partecipanti di tornarci sopra nel tempo per celebrare le loro gesta e rammentarsi della gloria (o del ridicolo) di cui si sono coperti. Per fare questo, però, è necessario che qualcuno dei partecipanti si faccia carico di mettere per iscritto lo svolgimento della campagna.
Non è necessario che il narratore sia anche colui che segue ogni turno di gioco e ogni singola battaglia e annota tutto. Gli altri giocatori possono dargli una mano, ad esempio annotando gli eventi più importanti realizzatisi durante una sua eventuale assenza. Il ruolo di cronicista di una campagna è “espressamente” previsto, benché non obbligatorio, persino nel regolamento di Mighty Empires, unitamente al suggerimento di far ruotare tra i vari partecipanti il “dovere di cronaca”, in modo da non oberare unicamente uno di essi. Nel caso della nostra campagna casalinga, sapete perfettamente a chi spetterà l’onere…
E allora, per condividere, non solo l’onere, ma anche l’onore, tra il serio e il faceto, oggi farete conoscenza con il cronicista della campagna casalinga “Guerra nell’Isola della Rinascita”: Albrecht Volstätter. Potete facilmente immaginare il delirio in cui mi sto lanciando, mentre mi faccio le domande e mi rispondo assumendo, però, un’identità differente. Se ne uscirò “ancora” sano, sarà già un gran successo…
Baldovino: buongiorno sig. Alberto, è un piacere fare la sua conoscenza.
Albrecht Volstätter: Mi chiamo Albrecht grazie. Non ci si metta a storpiare il mio nome anche lei, per favore.
B.: Chiedo venia. Ci mancherebbe… Per curiosità, chi altro lo fa?
A.V.: Quelli dell’altra sponda. Dell’isola intendo. I Bretoniani. Albert di qua, Albert di là… Insopportabile…
B.: Capisco. Capita anche a me nel posto in cui vivo. Quindi, Albrecht, lei si è assunto l’incarico di narrare gli eventi della campagna.
A.V.: Ebbene sì. È un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Anche perché è importantissimo conservare traccia degli eventi che hanno determinato le sorti della mia città natale, Volstadt.
B.: A tal proposito – parto subito con una domanda un po’ scomoda – non ritiene che le sue origini e il fatto che il suo datore di lavoro siano imperiali possa compromettere la sua obiettività nel riportare e commentare i fatti?
A.V.: Baldovino, lei scherza, nevvero? Osa mettere in dubbio la mia imparzialità e il mio approccio scientifico alla materia?
B.: Beh, un po’… Insomma, lei ogni sera si siede a tavola con i signori di Volstadt…
A.V.: Se è per questo, sono anche il precettore dell’erede al trono. Tra parentesi, gli ho dedicato l’opera intera.
B.: Ecco, appunto. Passiamo oltre allora. Ci parli un po’ di lei, delle sue origini e di come è arrivato alla corte di Volstadt.
A.V.: Sono un figlio d’arte, si può dire. Mio padre, Johannes, era il precettore dell’attuale sovrano e dei suoi fratelli. Io sono nato nella capitale, nel 2170 del calendario imperiale e ho studiato nella chiesa di Sigmar di Volstadt. La chiesa di Sigmar è un po’ il gioiello di Volstadt e la sua costruzione è il segno della ricchezza e del prestigio raggiunto dalla nostra città.
B.: In effetti, la vostra bella isola si trova assai lontana dall’Impero, giusto a nord della città estaliana di Barboza. Come sono arrivati fin qui i suoi antenati?
A.V.: Cosa vuole che le dica? Ha presente l’Ostermark? Insomma, d’inverno fa un freddo becco, e appena il terreno diventa agibile e fino all’inverno successivo i servi mutati e zoccolati degli dei oscuri escono dalle foreste da nord, ogni tanto qualche tribù di orchi attraversa le montagne a est, a sud c’è la Sylvania (e non aggiungo altro), e per non farsi mancare niente, ogni tanto c’è persino qualche disputa di vicinato con le altre contee dell’Impero. Insomma, non è proprio il posto più comodo dove vivere. Quindi, se si trova la possibilità di andarsene in un posto dove le razzie debbono arrivare per forza unicamente via mare e dove il clima è enormemente più clemente, non è che uno ci sta a pensare poi a lungo. Diciamo che l’occasione fu la Grande Crociata contro l’Arabia. Quella che conosciamo oggi come l’Isola della Rinascita era diventata una base dalla quale gli Arabi, dopo aver già massacrato o ridotto in schiavitù (e deportato) la popolazione locale, colpivano le coste nord dell’Estalia. Due contingenti, uno bretoniano e uno dell’Ostermark, sbarcarono intorno al 1449 C.I. sull’isola, il primo a sud-est e il secondo a nord-ovest. Una volta liberata l’isola dalla minaccia degli invasori, un gruppo si riunì ai contingenti principali, mentre un altro rimase a presidiare la landa liberata.
Un nobiluomo dell’Ostermark, di nome Volkmar, ma da tutti chiamato Vol, era alla testa del contigente imperiale. Trovò, in effetti, quella parte dell’isola per nulla inospitale e decise, quindi, di insediarsi proprio lì. A celebrazione dell’evento, ribattezzò la loro nuova terra l’isola della Rinascita. Fu ancora Vol a scegliere il posto dove far sorgere la nuova città che, in suo onore, ne porta ancor oggi il nome. Le condizioni propizie favorirono una rapida crescita del nuovo insediamento, al punto che il buon Volkmar, reso sempre più irascibile e insofferente a causa dell’età, decise di lasciare quella che all’epoca era già diventata una florida cittadina e terminare la propria vita nella pace e nella tranquillità. Si avventurò quindi a sud- est e costruì la sua fattoria nel posto che oggi chiamiamo Volheim e sulla quale i sovrani successivi fecero erigere la fortezza che difende la capitale sul lato sud-orientale e che è anche nota come la cittadella del sole nascente. Siccome la gente continuava a seguirlo e, secondo lui, a importunarlo, dopo qualche anno si spinse ad ovest e costruì una nuova fattoria, che battezzò Neuheim. Inutile precisare che successivamente una rocca, anche conosciuta come la cittadella del tramonto o del ghepardo, sorse nello stesso posto designato dal nostro eroe. Anche in questo caso, però, dove andava Vol, le genti dell’Ostermark sembravano seguirlo. Sempre più infastidito dai suoi vicini (che peraltro procreavano come disperati), egli abbandonò tutto e si mise in viaggio lungo la costa settentrionale dell’isola, verso est. Nessuno ebbe più notizie di lui.
Nello stesso periodo, qualcosa di simile accadeva a sud-est di Rinascita con quello che rimaneva del corpo di spedizione bretoniano. Per i Bretoniani, la maggior parte dei quali erano cavalieri erranti che in patria avrebbero avuto probabilmente diritto solo a modesti appezzamenti di terra, fu più facile stabilire la propria città, perché lo fecero sui resti del principale insediamento e porto dell’isola. La baia che si apre ai piedi della città offre un meraviglioso panorama e perciò la ribattezzarono Beauregard. La presenza di un attracco favorevole alla costruzione di un porto favorì scambi regolari con la madrepatria permettendo, almeno all’inizio, uno sviluppo più rapido del loro regno. Diversi piccoli insediamenti nacquero tutt’intorno a Beauregard. Molto presto però i governanti locali decisero di limitare i contatti con la terraferma per godere appieno della propria autonomia, ma al contempo trapiantarono nei loro domini credenze, usi e costumi della società bretoniana. Col tempo Volstadt recuperò il divario iniziale, divenendo un importante motore economico e culturale dell’isola.
Ma sto divagando. Ha altre curiosità che vorrebbe soddisfare sulla nostra bella terra?
B.: In effetti sì. La rocca di Neuheim che ha prima nominato, porta due nomi, cittadella del tramonto e cittadella del ghepardo. Perché?
A.V.: Penso che persino per lei non sia troppo difficile afferrare il senso di cittadella del tramonto, in contrapposizione con cittadella del sole nascente, in considerazione della posizione, la prima a sud-ovest e la seconda a sud-est di Volstadt. Per quello che riguarda il riferimento al ghepardo, invece, devo fornirle qualche informazione ulteriore. Se ha letto un po’ di storia dell’impero, potrebbe ricordarsi l’origine degli ordini templari e delle loro ricchezze: ancora una volta la Grande Crociata. Alcuni dei cavalieri che avevano lasciato Rinascita per continuare la guerra contro Jaffar si conquistarono, non solo un posto negli ordini, ma anche enormi ricchezze personali. In particolare, due di loro che non avevano raggiunto comunque posizioni di influenza rispettivamente nell’ordine della pantera e nell’ordine del sole splendente, dopo anni di guerra in Arabia decisero di tornare a “casa”. E per casa intendevano il luogo dove avevano da ultimo lasciato parenti, conoscenti e amici: Rinascita. Tornati sull’isola adornati degli emblemi dei due ordini, pensarono bene di sfruttare le ricchezze che avevano accumulato per acquisire influenza. Furono loro a promuovere la costruzione delle due rocche e a fondare due ordini sull’isola. L’ex-appartenente all’ordine del sole splendente, chiamò il suo l’ordine del sole nascente (quindi può anche apprezzare la duplice origine del nome della fortezza), mentre l’altro, in onore ai suoi ex-commilitoni, fondò l’ordine del ghepardo. E ancora una volta non le sfuggirà il legame con la seconda fortezza.
B.: Molto interessante. Avrei un’altra domanda da porle. Il suo sovrano porta il titolo di re. Questo sembra in totale contraddizione con le tradizioni dell’Impero. Perché? E come vi ponete in relazione all’autorità imperiale?
A.V.: Domanda eccellente! Comincio dalla seconda parte. Ma lei ha visto che anno è del calendario imperiale? Siamo nel 2218. Lì sulla terra ferma la situazione è un po’ caotica (e non fraintenda le mie parole, per favore, che c’è gente che è stata bruciata per molto meno). Di imperatori o presunti tali non ne mancano, anzi, forse ce ne sono pure troppi… Quindi, diciamo che siamo largamente autonomi e non riconosciamo nessuna autorità imperiale sulle nostre terre, ammesso e non concesso che siano a conoscenza delle nostra stessa esistenza! Per quanto riguarda il titolo del nostro sovrano, bisogna dire che è tutta colpa dei Bretoniani.
B.: Scusi?
A.V.: Non mi prenda troppo alla lettera. Tutto iniziò all’epoca del trisavolo del nostro attuale sovrano. Il nobile che guidava le schiere bretoniane si chiamava Leroy di Beauregard. A forza di chiamarlo Leroy di qua, Leroy di là, è stato un attimo, alla sua morte passare da Leroy est mort! a Vive le roi! in onore di suoi figlio, Baudouin il Prode. Il quale si guardò bene dal correggere quell’imprecisione. Per non sentirsi da meno, anche il nostro sovrano si insignì poco dopo del titolo di re. E dal momento che nessuno è mai venuto a protestare, ne abbiamo desunto che questo è il giusto ordine delle cose. Certo, non tutti hanno accettato la situazione pacificamente sull’isola. Non le sto qui a spiegare le storie che ha fatto l’arcilettore della chiesa di Sigmar… L’affaire ha rischiato più volte di degenerare, con fanatici in centro a Volstadt che neanche a Parigi ai giorni vostri!
B.: E come si è risolta la faccenda?
A.V.: Diciamo che re Helmut, il primo del suo nome, non porta il titolo di “il Munifico” per niente. Parrebbe che la situazione si sia prontamente calmata dopo una “munifica” donazione che egli offrì alla chiesa di Sigmar.
B.: Ah! Tutto il mondo è paese, insomma. Visto che abbiamo tirato in causa i Bretoniani che sono i vostri principali antagonisti in questa campagna, a parte quella buffa situazione riguardo al sire Leroy, mi può spiegare quali sono le vere ragioni dell’inimicizia fra i vostri regni?
A.V.: Buffa? Ma lo sa che lei è proprio irrispettoso. È un marchio di grandezza il saper cogliere ogni opportunità offerta dal destino per realizzare i propri fini! Probabilmente, creare un regno era il destino di Baudouin I, il Prode, e Helmut I, il Munifico! Ma veniamo alla sua domanda [sospira e volge gli occhi al cielo ndr]… Per conoscere le ragioni che hanno portato allo scontro fra i nostri due popoli, la invito seriamente a leggersi le mie cronache, cosa che contribuirà sicuramente a elevarle un po’ lo spirito. Quello che le posso dire, invece, è che non fu sempre così e che, fino ad alcuni recenti avvenimenti, i nostri popoli furono legati da profonda amicizia e da un vincolo di alleanza. Intorno al 1997 affrontarono insieme, anche con l’aiuto dei nani di Forbrin-Dum la più importante invasione che la storia dell’isola ricordi dopo quella degli Arabi. Un’imponente flotta di barbari della Norsca attraccò da qualche parte a nord-est dell’isola. Gli invasori trovarono la strada aperta, perché quella parte era ancora molto scarsamente popolata. Gli empi uomini del nord eressero un tempio prima e un forte poi che, nel loro idioma, chiamarono Uzgabag, intorno al quale posero il loro accampamento. Quando iniziarono a razziare più a sud e ad ovest, la loro minaccia venne percepita immediatamente dai tre regni dell’isola che decisero di unirsi in una sacra alleanza e riuscirono a distruggere l’esercito nemico e a mettere Uzgabag a ferro e fuoco, lasciando solamente un cumulo di rovine.
B.: Che i nani sostengono non siano più disabitate, però.
A.V.: Mah, cosa vuole che le dica? Io mi considero uno studioso che si basa sul metodo scientifico e non sul sentito dire. Non ho prove in proposito e, fino ad evidenza contraria, per me quella parte dell’isola resta inabitata. Un frutto pronto ad essere colto.
B.: Capisco. Per completare il quadro, ci sa dire qualcosa sull’origine del regno di Forgrin-Dum?
A.V.: Lei ha mai parlato con un nano in vita sua?
B.: No, perché?
A.V.: Sono le persone più riservate che ci siano. E anche le più sospettose. Per non parlare di quanto siano permalosi. E ha idea di cosa possa accadere se un nano si ritiene offeso? Ecco, non che non ci siano stati tentativi di indagare sulle origini del loro regno, ma diciamo che le ricerche non si sono spinte oltre quello che essi stessi hanno voluto rivelare. E avrà sicuramente sentito parlare di quella storia del regno eterno eccetera eccetera. La pensi pure come vuole, i nani erano lì prima di noi, non sono stati disturbati più di tanto dagli Arabi – che, peraltro, non è che siano rimasti molto a lungo sull’isola – e, molto probabilmente, resteranno qui anche quando noi non ci saremo più. Quello che possiamo dire senza ombra di dubbio è che i passi che uniscono Volstadt a Beauregard sono sotto il loro controllo e che sono degli abilissimi mercanti. Per non parlare della raffinatezza dei loro prodotti e delle loro formidabili capacità belliche. Insomma, il regno che riuscirà a stringere l’alleanza con Forgrin-Dum molto probabilmente vincerà la guerra!
B.: Grazie infinitamente. Io per il momento non avrei altre domande. È stato un piacere fare la sua conoscenza. Non vedo l’ora di leggere le sue cronache.
A.V. Grazie a lei e buona lettura.
P.S. Riposto qui in fondo, in modo che possiate anche zoomarla, l’immagine a corredo del titolo dell’articolo. Sapete dirmi chi è la persona ritratta e chi è l’autore dell’incisione originaria?
Nell’immagine modificata ci sono anche un paio di riferimenti nascosti. Riuscite a trovarli?