È giunto il giorno della giostra. Pronti allo showdown tra Beauregard e Volstadt? Ad ogni cavaliere è stato attribuito un numero per sorteggiare le coppie che scenderanno in lizza.
I vincitori di ogni duello si qualificheranno per il tableaux de bataille della terza giornata, in cui affronteranno il cavaliere nero per la mano della principessa Eloisa.
La posta in gioco è quindi altissima e non mancheranno duelli avvincenti e colpi di scena.
Buona lettura!
Le regole della giostra sono molto semplici. I cavalieri che si affrontano spossono scegliere di nascosto tra cinque tipi di attacchi differenti, numerati da 1 a 5 (mirare allo scudo, all’elmo, al crest, fare oscillare la lancia, schivare). Si possono tranquillamente utilizzare carte da gioco con il numero corrispondente che vengono rivelate in contemporanea. Il giocatore con il numero più basso, a meno che non intervenga una virtù particolare, attacca per primo. Sempre salvo intervengano abilità particolari, 4+ per colpire seguito da un 4+ per ferire. Una “ferita” corrisponde ad una lancia spezzata a prescindere dal fatto che venga salvata (4+ salvo modificatori) o meno. Se non viene salvata, se è la prima ferita, il cavaliere ferito testa per vedere se è disarcionato (1, 2 e 3 su D6); se è la seconda, è fuori gioco.
Lo squillo delle trombe e il clamore della folla accolsero i primi due sfidanti, Hubert Benadinonwin contro Helmut Marbert. Dopo il consueto saluto al palco reale, i due contendenti raggiunsero le loro posizioni di partenza e, a un nuovo squillo di tromba, si lanciarono l’uno contro l’altro. Il bretoniano, volendo impressionare il pubblico presente, mirò al crest, ma, seppur di poco, lo mancò. Marbert non andò molto per il sottile, ma facendo oscillare la lancia, cercò di massimizzare le proprie chance di colpire l’avversario.
Non solo ci riuscì, ma lo disarcionò al primo passaggio! La prodezza fu salutata dalle grida della nostra delegazione, mentre il pubblico di casa restò sgomento per l’esito dello scontro.
Fortunatamente per loro ci pensò il favorito delle dame di Beauregard, Rogier Ailetier a risollevare le sorti bretoniane.
La sua sfida contro Maierbec si trasformò presto in una semplice dimostrazione, con il bretoniano capace di spezzare più lance, mentre il nostro cavaliere del sole nascente restava a secco. L’entusiasmo del pubblico di casa non durò a lungo, perché le due giostre successive videro il trionfo di Eintel ed Hentelmeirwin contro Legris ed il giovane Aisden. Sul palco reale la gioia del nostro re Helmut era quasi incontenibile, mentre re Godefroy a stento tratteneva la propria insofferenza.
I cavalieri imperiali passano rapidamente in vantaggio per 3-1. Restano solo due coppie da determinare casualmente e, come in occasione del primo torneo di Beauregard, resta aperta la possibilità di uno scontro tra i due rivali per la mano di Eloisa. E la rivalità non si ferma qui, perché si tratta dei due cavalieri, in principio, più forti (grazie alla virtù della giostra che consente di colpire automaticamente) delle due squadre.
La tensione raggiunse il culmine nel momento in cui il nostro araldo andò ad estrarre il quinto cavaliere di Beauregard e chiamò sulla lizza Thibaut di Fontainais, accolto da grida e applausi scroscianti. Tutti gli sguardi si rivolsero, allora, verso l’araldo di casa mentre si apprestava a posare la mano nella coppa contenente gli ultimi due sigilli imperiali. La sfida che tutti attendevano divenne realtà, quando, constatato il sigillo estratto, l’araldo annunciò il nome di Liutprando. Con gli occhi andai subito a cercare i volti di due persone sul palco reale. Il mio re Helmut non poté nascondere un sorriso di soddisfazione, consapevole delle incredibili capacità marziali del suo campione, pregustando una clamorosa vittoria dei suoi cavalieri in terra bretoniana. Il comportamento della principessa Eloisa fu più enigmatico. Il volto non sembrava tradire emozioni particolari, ma la mano sinistra stringeva nervosamente il bracciolo del suo sgabello.
I due cavalieri si presentarono sotto il palco reale con compassata andatura. Salutarono i sovrani, entrambi rivolsero il loro sguardo alla principessa Eloisa, si scambiarono gesti di reciproco rispetto e poi tornarono verso il proprio angolo. Presero le lance dai loro scudieri, abbassarono la visiera e si prepararono allo scontro. Al suono delle trombe, si lanciarono l’uno contro l’altro. Il pubblico trattenne il fiato, ammirando la meravigliosa compostezza ed eleganza dei due cavalieri lanciati al galoppo sui loro nobili destrieri. Fontainais mirò all’elmo che colpì, facendo andare in pezzi la propria lancia. Nonostante il duro colpo subito e l’equilibrio compromesso, non solo Liutprando non venne disarcionato, ma riuscì a tenere salda la sua lancia per colpire il crest dell’avversario, staccandolo di netto. Le emozioni della folla erano le più disparate: ammirazione, stupore, meraviglia, paura, sollievo, entusiasmo. Eloisa appariva sempre più contratta, con la sua mano sinistra chiusa intorno allo stesso bracciolo. Re Helmut sorrideva compiaciuto, perché il colpo al crest corrispondeva a due lance spezzate per Liutprando e ad un terribile colpo all’onore del campione di Beauregard. Dopo il primo passaggio eravamo in testa!
Nel secondo passaggio, non potendo più mirare al crest, Liutprando si concentrò sull’elmo dell’avversario, che colpì, senza però riuscire a spezzare la sua lancia. Fontainais, dal canto suo, colpì il crest, senza staccarlo dall’elmo. La prodezza però valse in ogni caso due punti per il bretoniano che passò in vantaggio 3 lance a 2. Il pubblico di Beauregard esplose all’unisono in un urlo di tripudio. Re Helmut fece una smorfia di disappunto, mentre re Godefroy sorrise per la seconda volta in tutta la giostra. La reazione che più mi sorprese, tuttavia, fu quella della principessa che sbiancò improvvisamente, lo sguardo perso nel vuoto. La situazione si era completamente capovolta, lasciando a Liutprando l’unica possibilità di disarcionare il suo avversario per poter uscire vincitore dal duello.
Nel terzo drammatico passaggio, Liutprando mirò nuovamente all’elmo, mentre il campione bretoniano puntò deciso allo scudo, spezzando nuovamente la propria lancia. Protetto dall’armatura, Liutprando ne uscì illeso e riuscì, nonostante il colpo subito a impattare l’elmo del suo avversario e spezzare la propria lancia. Fontainais ondeggiò pericolosamente sulla propria cavalcatura, ma rimase in arcione, chiudendo la disfida in vantaggio per 4 lance a 3! Godefroy si alzò in piedi, manifestando apertamente il proprio entusiasmo. Tutto questo mentre la sorella restava immobile sul suo scranno, quasi pietrificata. Fontainais venne fin sotto il palco reale per raccogliere l’applauso del suo pubblico. Se dovette restare deluso, vedendo dama Eloisa accennare appena un sorriso, non lo diede a vedere. Dal canto suo, Liutprando, rimosso l’elmo, mostrava uno sguardo di assoluta e impotente incredulità. Ancor prima che gli ultimi due cavalieri scendessero in lizza, Eloisa, dichiarando un improvviso senso di spossatezza a causa delle emozioni della giornata, prese congedo dal palco reale e fece ritorno verso i suoi appartamenti, accompagnata da una giovane dama di compagnia.
A volte, la sorte fa le cose per bene. La possibilità che il torneo potesse risolversi con un duello tra i due principali contendenti di Eloisa erano minime, ma si sono avverate. Lo scontro, del tutto casuale, non si è svolto come ultimo duello di giornata, ma come ultima “estrazione”, il che lo ha reso ancora più emozionante. Contro ogni aspettativa, nonostante un numero di re-roll permessi altissimo (6) e regole ad hoc per renderlo più forte degli altri, Liutprando è sconfitto. Devo ammettere che mio figlio (che controllava la squadra imperiale) ha commesso un errore di inesperienza che si è dimostrato determinante. Entrambi i cavalieri colpiscono in automatico. Mirare al crest al primo passaggio gli avrebbe sì garantito due lance spezzate. Il fatto di averlo staccato subito, però, gli ha impedito di poter cercare di colpirlo anche ai passaggi successivi. Io, dal canto mio, ho preferito mirare all’elmo, perché mi dava più possibilità di disarcionare l’avversario.
Ho anche avuto fortuna, perché nel secondo passaggio ho colpito il crest (due lance anche per me), ma non l’ho staccato dall’elmo. A quel punto, in vantaggio per 3 a 2, la mia vittoria era automatica (mi sarebbe bastato mirare nuovamente al crest) a meno che non venissi disarcionato nel terzo passaggio. Cavallerescamente, ho preferito offrire la possibilità a mio figlio, per cui nel terzo passaggio ho mirato all’elmo.
Anche in questo caso, i tiri di dadi hanno permesso di costruire un finale di storia sicuramente meno scontato, ma che, fortunatamente, avevo messo in conto, preparando uno sviluppo alternativo.
Sulle ali dell’entusiasmo della vittoria ottenuta dal campione bretoniano, il duello successivo fu quasi senza storia. L’esperto Dinonson sconfisse facilmente Helneuholmard, sancendo così anche l’umiliazione dell’ordine del sole nascente che uscì battuto da entrambi i duelli sostenuti.
L’onore di Bretonnia era salvo, ma i nostri cavalieri avevano comunque dimostrato il loro valore sulla lizza di Beauregard. Godefroy, che aveva ripreso colore e animo, non mancò di tessere le lodi dei nostri campioni a Helmut, che ricambiò i complimenti ai cavalieri bretoniani. Entrambi poi si rivolsero a Snorri, indicando la loro impazienza a vedere i propri paladini misurarsi con i famigerati guerrieri nani nella mêlée che si sarebbe tenuta due giorni dopo. Le delegazioni rientrarono soddisfatte nel castello, pronte per un’altra serata di libagioni e dimostrazioni di reciproca stima e amicizia.
Mentre tornavo verso il mio appartamento nell’ala del palazzo destinata alla nostra delegazione, intravidi, in fondo ad un corridoio isolato, Liutprando ed il suo fidato Heberardt intenti in un’accesa discussione. Furono alcune parole che colsi quasi inavvertitamente ad attirare la mia attenzione su quel diverbio che, altrimenti, avrei semplicemente attribuito alla frustrazione di Liutprando per la sconfitta subita. Il giovane incalzava il suo interlocutore, chiedendo: “Come è possibile che quell’arrogante vanesio mi abbia sconfitto? Mi avevi assicurato che nulla avrebbe potuto impedire la mia vittoria? Come è stato possibile?” Heberardt aveva risposto: “È evidente che anche lui debba aver fatto ricorso ad una qualche protezione magica. Più forte della mia…”
Non potei impedirmi di voler scoprire di più e perciò cercai di avvicinarmi quanto più possibile senza fare notare la mia presenza.
“Quel maledetto…” continuò Liutprando. “Ma non può finire così! Trova una soluzione, Heberardt. Trova una soluzione. E in fretta anche, prima che accada l’irreparabile e qualcuno vinca la mano di Eloisa. Ne va della tua vita. Altrimenti non esiterò un attimo a denunciare le tue arti magiche, le tue condotte depravate e la tua devozione ai poteri perniciosi! Ne ho abbastanza della sua insolenza e della tua inutilità!”
Detto questo, Liutprando partì nella direzione opposta rispetto a dove mi ero nascosto. Un lampo di compiaciuta soddisfazione attraversò gli occhi di Heberardt. Con un ghigno beffardo sul volto, si incamminò verso la posizione dove mi ero acquattato. Il ritmo del mio cuore accelerò ed io cercai di farmi piccolo piccolo dietro una sporgenza nel muro. Rimasi lì con gli occhi chiusi, senza respirare, mentre i passi di quell’uomo si facevano sempre più vicini. Mi superò, apparentemente senza accorgersi della mia presenza, e continuò oltre. Passarono ancora alcuni secondi prima che mi azzardassi a riprendere il respiro e ad uscire dal mio nascondiglio improvvisato.
Avevo la testa in tumulto. Iniziai a camminare verso i locali destinati al mio re. Cosa avrei dovuto fare? Recarmi dal mio signore e denunciare quel tentativo di inganno nei confronti dei nostri alleati? La mia testa diceva di sì, ma il mio pavido cuore si rifiutava di accettare una tale manifesta evidenza. Mi dicevo che ormai il peggio era stato sventato e che l’inganno si era ritorto contro i suoi architetti. Un vero campione avrebbe vinto la mano di Eloisa, preferibilmente un bretoniano, e la situazione si sarebbe risolta da solo senza che io dovessi espormi ad eventuali rappresaglie violente di un pazzo innamorato o di uno stregone senza scrupoli.
Ero talmente assorto nei miei pensieri che quasi quasi finii per urtare Heberardt che stava ritornando indietro sui suoi passi. Trasalii alla sua vista, lasciandomi andare ad un rantolo di sgomento stupore. L’individuo mi osservò con aria beffarda e mi apostrofò in questo modo: “Dovresti prestare attenzione a dove metti i piedi, scriba! Potresti finire in posti o fare incontri che è meglio evitare!” Il mio sguardo terrorizzato fece scoppiare Heberardt in una risata fragorosa. “Scherzavo, mio buon Albrecht! Scherzavo!” E datami una pacca sulla spalla proseguì per la sua strada.
Quelle parole continuavano ad echeggiare nella mia testa e mi sembravano troppo mirate per poter essere semplicemente frutto del caso. La paura prese il sopravvento e decisi che era meglio tenere quel segreto per me. Se avessi saputo allora le sofferenze che sarebbero nate dagli avvenimenti delle ore successive, forse avrei trovato quel coraggio di cui avevo così tanto bisogno in quel momento!
Da questo momento in poi, gli eventi precipitano e tutti gli intrighi tessuti iniziano a portare i propri frutti.
La situazione precipitò durante il banchetto di quella serata. La principessa Eloisa non era presente ed il fratello la scusò, precisando che per lei erano state giornate molto intense e, per recuperare dal malore passeggero che l’aveva afflitta quel pomeriggio, era rimasta a riposare nelle sue stanze. Godefroy si disse assolutamente fiducioso del fatto che sua sorella sarebbe stata pronta per l’indomani e per la giornata intensa che la attendeva.
Fontainais si avvicinò a Liutprando e, sebbene ne lodasse le indiscutibili doti di giostratore, non riuscì ad evitare un paio di commenti salaci e autocelebrativi. Il giovane capitano della guardia reale esplose. Coì, all’improvviso. Iniziò ad accusare il suo rivale di aver fatto ricorso ad armi magiche per poterlo sconfiggere, perché altrimenti sarebbe stato semplicemente impossibile farlo. Il bretoniano restituì l’offesa, chiedendo perché sarebbe stato impossibile per lui sconfiggere Liutprando, insinuando che era lo stesso cavaliere imperiale a fare ricorso alle arti magiche per poter ostentare una tale sicurezza nei propri mezzi di fronte alle comprovate abilità del miglior cavaliere di Beauregard.
Gli animi si scaldarono, non solo tra i due contendenti, coinvolgendo i loro amici e vicini, con gli uomini di Volstadt tutti a difesa del loro campione e quelli di Beauregard pronti a soccorrere Fontainais. Sembrava che la situazione potesse degenarare in qualsiasi momento, con alcuni spintoni che vennero scambiati tra le due parti.
A quel punto intervenne re Snorri a cercare di calmare gli animi e proporsi come mediatore. Prese i due contendenti in disparte e disse che l’accusa proferita da Liutprando era molto grave e se non provata adeguatamente costituirebbe un’offesa degna di essere lavata col sangue, quantomeno in un duello à l’outrance. Gli uomini di Beauregard ruggirono la loro approvazione, mentre Snorri chiedeva a Liutprando se poteva provare quanto aveva denunciato. Con la rabbia negli occhi, Liutprando continuava a ripetere che Fontainais non avrebbe mai potuto sconfiggerlo in un leale combattimento. Visto che il re dei nani continuava ad incalzare il giovane, spinto dal favore dei locali, mentre la fazione di Volstadt cominciava a manifestare una crescente insofferenza nei confronti di quel modo di mediare, re Helmut sbottò insultando il re di Forgrin-Dum, rimproverandogli di voltare le spalle ai suoi alleati. La situazione andò completamente fuori controllo. Anche i nani si gettarono allora nella mischia e diverse colluttazioni iniziariono fra le tre delegazioni.
Re Godefroy fece suonare trombe e corni per riportare il silenzio nella sala. Le sue parole nei confronti di Helmut e degli uomini di Volstadt furono durissime, accusandoli di voler rovinare le festività della casa di Beauregard e che questo era un comportamento indegno per degli ospiti di cotal rango. Helmut, pur ferito nuovamente nell’orgoglio, fu punto nell’onore. Chiamò a sé Liutprando e pubblicamente lo cacciò dalla sala, affermando che il suo comportamento irresponsabile lo aveva coperto di vergogna. Non voleva più vederlo al suo cospetto e, una volta rientrati a Volstadt lo avrebbe dismesso dalla sua guardia. Lo invitò ad abbandonare immediatamente la sala dei banchetti e a restare confinato nell’appartamento che gli era stato destinato fino alla partenza.
La reazione dei due sovrani placò velocemente gli animi. Godefroy con un cenno della testa approvò il comportamento del mio sovrano e invitò i presenti a riprendere i festeggiamenti con ritrovate letizia e concordia. Helmut, però, ne aveva avuto abbastanza, e, dopo qualche minuto si ritirò con la sua famiglia, prendendo congedo da Godefroy, ma senza degnare neanche di uno sguardo Snorri. La serata non durò molto più a lungo, visto che la concordia era stata irrimediabilmente spezzata ed ognuna delle delegazioni preferiva restare per conto proprio.