Con questo articolo ci avviciniamo alla conclusione dell’antefatto della campagna casalinga.
I reali di Volstadt si mettono in marcia alla volta di Beauregard per assistere ai festeggiamenti in onore della nascita del primogenito dei reali bretoniani, le nozze di Amélie, la sorella del re Godefroy, e il fidanzamento (in caso di vittoria di un candidato nel torneo) di Eloisa. Liutprando che, inizialmente, doveva restare a comandare il presidio di palazzo, si unisce al corteo reale a seguito di una rovinosa caduta da cavallo del capitano della guardia. Il mellifluo e raffinato Heberardt di Bogenhafen ha chiesto di poter partire qualche giorno prima per poter ammirare e studiare la natura dell’isola.
Albrecht Volstätter riporta questi avvenimenti in prima persona, avendoli vissuti da testimone oculare. È una parte molto particolare delle sue cronache, a metà tra indagine poliziesca e resoconto degli eventi. Entriamo negli ultimi, avvincenti avvenimenti del 2217 del Calendario Imperiale che ci portano all’atto conclusivo di questo lungo preambolo.
Il corteo reale fece una prima tappa a Volheim. Qui venne rinforzato da un contingente dell’ordine del Sole nascente, i cui cavalieri non avrebbero mai permesso che solo i loro “rivali” dell’ordine del ghepardo si coprissero di gloria in occasione del torneo.
La tappa successiva fu presso Forbrin-Dum, la capitale del regno dei Duardin. Qui vennero accolti con tutti gli onori da Snorri Brokalukgrom, il re dei nani. Fu una permanenza molto piacevole per i sovrani e il modo per rinnovare le promesse di amicizia ed alleanza. Da Forbrin-Dum partirono due cortei, perché anche Snorri era stato invitato alle festività di Beauregard. Con meraviglia ammirai le strade lastricate e gli edifici sapientemente e finemente intagliati nella roccia delle montagne della capitale e della seconda città del regno Forbrin-a-karak, la città a guardia del passo verso Beauregard.
Da lì in poi il viaggio procedette accompagnato dal buon tempo e senza intoppi e le due delegazioni arrivarono comodamente in tempo per i festeggiamenti.
Da alcuni giorni era arrivato a Beauregard anche il mellifluo Heberardt che con i suoi modi affettati e raffinati era riuscito a introdursi a corte. Appresi che, attraverso i contatti acquisiti, aveva persino ottenuto un’udienza presso madama Eloisa.
La notizia mi aveva suscitato una qualche sorpresa, considerato quanto Heberardt era vicino a Liutprando che aveva più volte manifestato di non aver più alcun interesse per la principessa bretoniana. Per questo motivo, iniziai ad interessarmi allo strano individuo molto di più di quanto avrei immaginato.
Cercai inizialmente un contatto innocente durante una delle cene offerte in onore degli ospiti dal sovrano di Beauregard. Mi sedetti vicino a lui a tavola ed iniziai ad intrattenere una conversazione quanto più amichevole possibile, benché Heberardt continuasse a suscitarmi un’inspiegabile ripugnanza e diffidenza. Non che la conversazione con lui non potesse essere piacevole (si trattava comunque di un personaggio alquanto erudito), ma i suoi modi mi risultavano veramente indigesti. Dopo diversi bicchieri di vino bretoniano, che Heberardt sembrava apprezzare particolarmente e nel cui consumo indulgeva senza remore (e che io cercai di incoraggiare in ogni modo), appresi che, contrariamente a quanto da lui affermato, una volta lasciata Volstadt, si era recato direttamente a Beauregard.
Venni anche a conoscenza del fatto che aveva trasmesso alla principessa Eloisa una lettera di Liutprando che l’aveva fatta arrossire e commuovere. Tra il serio e il faceto, mi confessò anche di aver sedotto diverse damigelle di compagnia della principessa, con le quali si era lasciato andare a “giochi” particolarmente sfrenati.
Finita la cena si scusò e si allontanò dalla sala. Inizialmente, pensai che, con tutto il vino che aveva consumato, stesse cercando un posto dove liberarsi con discrezione. Il mio istinto però mi suggerì di seguirlo. Heberardt, con andare incerto, uscì dal palazzo, attraversò la corte e si avvicinò ad una postierla nelle mura del castello. Ero convinto che si trattasse di un passaggio segreto per accedere alle stanze di una delle damigelle di cui mi aveva parlato durante la cena e pensai di verificare rapidamente che fosse così e poi ritirarmi. Però, il passaggio non conduceva a nessuna stanza del palazzo, bensì, attraverso una serie di scale e gallerie, evitava di attraversare il posto di guardia castello e conduceva verso la piana che si apriva sotto le mura, nel posto dove stavano erigendo la lizza e le tribune per il torneo e il tableau de bataille. Heberardt vagò a lungo sul sito gesticolando nell’aria e pronunciando frasi incomprensibili. Attribuii quegli apparenti vaneggiamenti al suo stato di ebbrezza e me ne ritornai nella sala del banchetto per terminare la serata.
Il giorno dopo, più volte Heberardt cercò inutilmente di parlare con me. Il suo comportamento, ostentatamente amichevole, sembrava tradire un certo nervosismo. La sera, a cena, si sedette nuovamente vicino a me e più volte riportò la discussione sul banchetto del giorno precedente. La mia impressione fu che cercasse ostinatamente di sapere cosa ricordassi della nostra conversazione. L’intuito ancora una volta mi suggerì di fingere di avere ricordi molto confusi a causa del vino bretoniano. La cosa sembrò soddisfarlo e il resto della serata continuò piacevolmente su temi alquanto frivoli. Nonostante il fatto che fosse apparso preoccupato per quanto potesse aver rivelato in precedenza a causa del vino, notai che Heberardt non riusciva proprio a moderarne il consumo. Quando si alzò nuovamente per i propri bisogni fisiologici, chiesi ad uno scudiero della guardia di seguirlo con discrezione e riferirmi il giorno successivo che cosa avesse fatto. Il resoconto che ne ricevetti sembrava la copia esatta di quanto avevo visto con i miei propri occhi. Ne conclusi che Eberhart non reggeva il nettare bretoniano!
Le sere successive mi sedetti vicino agli eruditi della corte di Beauregard assieme al mio amico Ludwig von Ariosten [che ricorderete essere il poeta di corte di Volstadt e autore della “Ballata di Liutprando ed Eloisa” – nda] e rimossi dalla mia mente i bizzarri comportamenti di quell’individuo. Mi concentrai, piuttosto, su quello che avrebbe dovuto attrarre da subito la mia attenzione: i ripetuti sguardi che Liutprando ed Eloisa si scambiavano, pur evitando ogni vicinanza fisica che sarebbe stata particolarmente manifesta. A me quegli sguardi non comunicavano nulla in particolare, forse una curiosa, reciproca attenzione che collegai agli eventi accaduti tre anni prima, ma Ludwig fu assolutamente perentorio sull’argomento: tradivano una passione e un desiderio reciproco irrefrenabile. E non qualcosa di platonico e spirituale, ma di intimamente carnale. In quel momento risi di quelle affermazioni e mi presi anche gioco del poeta, dicendogli che lui aveva un’unica chiave di lettura dell’animo umano!
Dopo circa una settimana di banchetti e libagioni, giunse così il giorno della parata dei cavalieri.